domenica, luglio 31, 2016

Brexit 3: l'Anglosfera

"La base ideologica dell'alternativa all'Europa è l'anglosfera1, termine entrato nel linguaggio comune: "i paesi nei quali l'inglese è la principale lingua nativa, considerati collettivamente". In geopolitica l'anglosfera tende a configurarsi come sinonimo gentile di impero americano, reso congruo omaggio alle radici anglo. A coltivarlo, un attiva minoranza politico-intellettual-mediatica su entrambe le sponde dell'Atlantico e in alcune ex colonie britanniche. Per decantare l'asserita continuità con l'impero britannico dell'apogeo vittoriano, dove gli inglesi si assegnano il ruolo dei greci nell'impero romano.

In tal senso l'anglosfera è l'antemurale angloamericano contro l'unità dell'Europa. Allo spettro della superpotenza veterocontinentale a guida francese, tedesca o russa contro cui da mezzo millennio Londra - nell'ultimo secolo insieme a Washington - combatte con successo.


Scandagliando, nel tempo e nello spazio, la sfera semantica del lemma anglosfera ne cogliamo tre accezioni. Alla base è la rappresentazione geopolitica di una cultura elevata a potenza, ossia di una civiltà in competizione con altre. In secondo luogo, è un'elitaria famiglia geostrategica che si vuole avanguardia armata di tale civiltà. Infine, è un abbozzo di progetto geopolitico piuttosto vago, se non utopico."

"Ogni rappresentazione geopolitica ha una storia. Quella dell'idea di anglosfera è piuttosto intrigante e, se ci limitassimo al termine, sarebbe recentissima. Ma la storia dell'anglosfera precede di un secolo la parola. In breve, l'anglosfera è un prodotto del suo passato razziale. La razza è quella anglosassone, il passato quello di fine ottocento e il mito quello della comune razza anglosassone amante dell'autogoverno dunque opposta alle autoritarie stirpi latine. Nelle due crisi venezuelane di fine '800 e inizi '900, quando il governo di sua maestà considera l'ex colonia quantità trascurabile dalle ridicole pretese imperiali, si sfiora la guerra tra Stati Uniti e impero britannico. Ma Londra accetta, infine,  la mediazione americana. La crisi battezza così l'inizio di una relazione speciale angloamericana. Nella guerra ispano americana del 1898, prova generale dell'espansione globale degli Stati Uniti, i britannici appoggiano di fatto confratello d'oltreoceano, tornati alla politica di eredi della razza anglosassone. La seconda crisi venezuelana (1902) marca una cesura ulteriore. Il cannoneggiamento di un forte venezuelano ad opera di una nave tedesca provoca reazioni parallele a Washington e a Londra, che vede la minaccia di un impero germanico capace di sfidarla sugli oceani. Si offusca il vincolo razziale fra anglo americani e tedeschi. La robusta componente germanica della nazione statunitense, considerata parte integrante, anzi atavica, del ceppo anglosassone, viene stigmatizzata come nemica nemica. La corrente transatlantica del Teutonism, che predicava l'alleanza fra tutti gli anglosassoni, allargata ai tedeschi è in ritirata. La comunità germano-americana, numerosa ma divisa e politicamente inefficace, non riesce a opporsi all'offensiva anglo. I cui condottieri, non potendo contestare al tedeschi un sangue alieno, rovesciano l'accusa: è il carattere nazionale germanico, arrogante, autoritario e illiberale, a declassare il teutoni a unni, barbari che distruggendo l'impero romano costrinsero i sassoni a rifugiarsi in Inghilterra.
Già nel 1899, polemizzando con la pretesa del Kaiser di unire tedeschi e inglesi in una dimostrazione navale davanti alle coste del Venezuela per forzarla pagare debiti pregressi, Rudyard Kipling aveva promosso lo slogan dello 'shamless Hun', l'unno senza vergogna.
L'argomento razziale in versione iperselettiva finisce così per chiudere il cerchio attorno alla Germania. Le due guerre mondiali combattute dall'anglosfera contro gli "unni", la guerra fredda ingaggiata con il corollario della "tenere i tedeschi sotto", la diffidenza di Washington e Londra verso le persistenti inclinazioni filorusse della Bundesrepublik, confermano il vigore di quello stereotipo. Ancora oggi il riflesso germanofobo riemerge con discreta frequenza, visto quanto spesso i fautori del Brexit si siano lasciati scappare battute antitedesche e improbabili omologie tra Unione Europea e Reich millenario. Ha dunque ragione Vucetic quando stabilisce che "l'effetto chiave della comparsa dell'anglosfera non è il sorgere della pace e della cooperazione angloamericana ma l'alienazione duratura della Germania dalla famiglia delle nazioni civilizzate".

Da Limes.

1. Vucetic, Srdjan (2011). The Anglosphere: A Genealogy of a Racialized Identity in International Relations. Stanford University Press.ISBN 978-0-8047-7224-2.

giovedì, luglio 28, 2016

Malvaldi, i premi Nobel e la scienza

Oggi propongo un paio di citazioni da L'infinito tra parentesi di Marco Malvaldi

"...Mi corre l’obbligo di ricordare come il conferimento di un premio Nobel non impedisce al premiato di dire stronzate aberranti sulla materia specifica per cui è stato insignito. Sulla genetica, è piuttosto recente l’intervista in cui James Watson (premiato per la scoperta del DNA) ha sostenuto che i negri sono più stupidi dei bianchi. In tempi più antichi, lo stesso Albert Einstein sosteneva di non credere alla meccanica quantistica (« Dio non gioca a dadi con l’universo»), ma poco importa: più o meno nello stesso periodo il dottor professor Philipp Lenard (premio Nobel per la Fisica nel 1905 per i raggi catodici) sosteneva che la teoria della relatività era il frutto malato della mente di un purosangue giudaico e contrastava con l’evidenza sperimentale, notando quanto «al contrario dello scienziato ariano, animato da un solerte e inflessibile desiderio di verità. È sorprendente come manchi all’ebreo ogni comprensione della verità».

"Ogni teoria scientifica può dirsi tale solo se ammette di essere falsificata. Ogni teoria scientifica che viene falsificata non è più una teoria scientifica. E non lo è da quel momento in poi. Da quel momento, è solo storia della scienza: una cosa diversa dalla scienza, ma necessaria a chi fa ricerca quanto la scienza stessa."

venerdì, luglio 22, 2016

Brexit 2

"Il voto britannico innalza il rango dell'Italia in ambito Atlantico, dove possiamo aspirare a un rapporto più stretto con gli Stati Uniti. E riporta Roma sul podio europeo, da cui era scesa nel 1973 a causa a dell'ingresso di Londra nella comunità europea, all'epoca salutato dalla nostra diplomazia quale precondizione di un'intesa italo-inglese per bilanciare il primato franco-tedesco. Ora, grazie al voltafaccia inglese, siamo sulla carta il numero tre d'Europa. Dovremmo quindi scegliere fra un eventuale accordo tattico con la Francia per mitigare la preponderanza tedesca oppure l'intesa strategica con la Germania per compartecipare da junior partner a un euronucleo imperniato su Berlino - ciò che dal punto di vista geoeconomico è già realtà dal Brennero a Bologna. Tertium non datur. Refrattari alle scelte, se anche stavolta ne fuggiremo saranno i partner ad assegnarci il posto. Certamente non sul podio, forse anche fuori dal Kerneuropa: l'Europa germanica istituzionalizzata che non ha mai smesso di eccitare le fantasie geopolitiche di chi a Berlino non vuole morire da grande Svizzera."
"L'incrocio dell'emergenza Brexit con le varie crisi strutturali, finanziarie e geopolitiche, offusca le speranze di chi vorrebbe intravedere nel 23 giugno l'ora zero di una nuova Europa. ... Il voto britannico è uno sparo nel buio. Nell'oscurità si aggirano i fantasmi dei nazionalismi specialmente virulenti nell'ex (?) Est, e gli imprenditori politici dell'antipolitica, che già si preparano ad aprire nuovi fronti referendari - dalla Danimarca alla Svezia, alla stessa Francia (tutti ipotetici soci dell'euro nucleo).
Gli storici futuri stabiliranno le responsabilità britanniche nell'aver fomentato tanto sabba."

Da Limes.

mercoledì, luglio 20, 2016

Brexit

"Sul fronte europeo, il Brexit produce un cambio di scala della questione tedesca. L'Unione Europea serviva in origine alla Francia per imbracare la Germania. Il distacco del Brexit assesta colpo di grazia a quel machiavellismo. Bilanciare Berlino con Londra (e quindi con Washington) aveva un senso, azzardarlo con Roma e forse Madrid, come a Parigi alcuni sembrano incrinare per disperazione, è tutt'altro. Senza i britannici, che valgono il 12,5% della popolazione e il 14,8% dell'economia comunitaria, l'unione europea in decomposizione è più tedesca. In teoria, sarebbe l'occasione per formalizzare l'Europa germanica. Memore della storia, consapevole dell'ondata germanofoba che l'austerità in salsa tedesca abbia suscitato nel resto del continente e addestra a travestire gli interessi nazionali da europei, Angela Merkel per ora preferisce non pensarci. Ma senza Europa la potenza tedesca è nuda. Per questo, non solo per il crescente irradiamento asiatico delle sue esportazioni, la Germania torna fattore centrale di qualsiasi equazione geopolitica nel disordine mondiale."

Dall'editoriale di Limes.

lunedì, luglio 18, 2016

Vaccini e immunità di comunità

Ascoltando la puntata del 14/07 di RADIO3 SCIENZA ho sentito Alberto Mantovani, uno degli immunologi più autorevoli in Italia, spiegare perché preferisce usare l'espressione immunità di comunità anziché immunità di gregge perché nella prima c'è dentro un senso di solidarietà per la parte immunologicamente più debole della comunità mentre nella seconda c'è più un'idea di passività.

"Una cosa che dimentichiamo è che vaccinarsi", oltre a essere una difesa personale contro malattie pericolose, è anche "un'attività di solidarietà verso gli elementi più deboli della comunità." "Un grande oncologo italiano l'autunno scorso ha visto un bimbo di 18 mesi malato di leucemia linfatica acuta, che aveva in più del 90% di probabilità di guarire, morire di morbillo. Quando ci vacciniamo, quando i miei nipoti si vaccinano proteggono le fasce più deboli della popolazione. E cioè i 1500 bambini con cancro che abbiamo in Italia, sono le persone che hanno immunodeficienze sono le persone che hanno malattie ematologiche ecco tutte queste persone sono protette dall'immunità della comunità."

Ascoltando poi la risposta di Mantovani alla domanda sul perché ci si rende poco conto dei benefici dei vaccini mi è venuto in mente un parallelo con l'Unione Europea.
Forse l'Unione Europea è un po' come i vaccini. Non ci accorgiamo dei benefici perché ormai ci viviamo immersi da decenni e abbiamo perso memoria di quali potrebbero essere le implicazioni se si rimanesse senza.

Infine vorrei aggiungere anche una nota personale per dire che anch'io rientro nella parte immunologicamente più debole della comunità. Infatti, per mie questioni patologiche personali, non possono essere vaccinato contro il morbillo e se dovessi venire a contatto con quel virus rischierei parecchio.

Oltre a quello che ho riportato la puntata contiene molte altre notizie interessanti sui progressi dell'immunologia nella cura del cancro.

Alberto Mantovani è anche coautore di Immunità e Vaccini. Perché è giusto proteggere la nostra salute e quella dei nostri figli.

"Il libro si conclude con 18 risposte alle domande più frequenti sui vaccini.

1. Perché è necessario vaccinarsi?
2. Perché vaccinarsi contro malattie che in Italia sono rare o addirittura scomparse?
3. I vaccini sono contrari alla natura?
4. I vaccini possono indebolire il sistema immunitario?
5. Perché la maggior par te delle vaccinazioni viene effettuata nei primi mesi di vita?
6. Quali sono i vaccini disponibili in Italia?
7. Perché alcuni genitori sono restii a far vaccinare i propri bambini?
8. È meglio contrarre la malattia o essere vaccinati?
9. I vaccini sono efficaci? Come possiamo esserne sicuri?
10. Quanto dura la protezione di un vaccino?
11. Perché, a differenza degli altri vaccini, quello antinfluenzale cambia ogni anno?
12. Quanto tempo è necessario prima che una vaccinazione sia efficace?
13. Si può contrarre la malattia anche se si è vaccinati?
14. I vaccini sono sicuri?
15. I vaccini possono causare effetti collaterali?
16. I vaccini possono causare autismo?
17. Si può effettuare la vaccinazione se si è…malati?… allergici all’uovo?
18. Il nostro Paese sviluppa e produce vaccini?

Un bel po' di materiale per chi volesse documentarsi seriamente, no?

domenica, luglio 17, 2016

Carnevale della Matematica #99 - Matematica e/a/con i/per i/dei fumetti

L'edizione di luglio del Carnevale della Matematica, la numero 99, è ospitata da Gianluigi Filippelli su Al caffè del Cappellaio  e il tema è "Matematica e/a/con i/per i/dei fumetti".
Stavolta ho contribuito con la cellula melodica e con degli articoletti fuori tema così introdotti:

Dopo le introduzioni di rito sul numero del mese e sul tema, eccoci al consueto inizio con la cellula melodica realizzata da Dioniso dedicata, ovviamente, al 99:
Il verso che avete letto è quello associato proprio al 99 nella poesia gaussiana di Marco Fulvio Barozzi, meglio noto come Popinga.
Buone notizie, poi, per Flavio che vedrà rappresentato al Politecnico di Torino il dramma I Pitagorici!
A seguire un suo articolo scritto per Through the optic glass (La rivista di storia della scienza su Medium redatta da autori italiani):
"È parte della revisione/nuova edizione che sto facendo degli articoli della mia serie sulla storia della matematica.Dopo la scoperta dell’oggetto incommensurabile e dopo il suo rifiuto di mantenere la segretezza su tale scoperta, Ippaso sarebbe stato condannato a morte per annegamento.Ma che successe alla scuola dopo il crollo delle fondamenta teoriche?"Potete leggere questa storia appassionante su Pitagora VII – la morte di Pitagora e il grande contributo dei pitagorici.
Dioniso ci propone anche un secondo contributo:
Un’improbabile discussione logica su Mario Brega e la sua mano de piuma o de fero: Quale sarà l’approccio giusto? Quello puramente logico, quello puramente linguistico, tutti e due o nessuno dei due?
Il mese prossimo l'edizione numero 100 del 14 agosto 2016 (“canta tra i cespugli, canta tra i cespugli”) verrà ospitata da ... non si sa ancora e, ovviamente, anche il tema è ancora incognito.

Calendario con le date delle prossime edizioni del Carnevale
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