venerdì, maggio 30, 2014

Mumbai: Tempio Iskon e la regina delle periferie

25/5/2014
Una visita al tempio Iskon me l'ha consigliata un collega. Ieri ho chiesto a Mutu di portarmici ma lui sembrava non saperne nulla. Oggi però arriva e dice che mi porterà lì. Speriamo bene - penso. Ci dirigiamo quindi verso nord, verso la periferia.
No. Non è questo. Però Mutu mi dice che pure questo è un tempio. E la sera, mentre passiamo di nuovo lì nel percorso verso l'aeroporto, lo vedrò affollatissimo di fedeli che occupano anche tutta l'area antistante.
Poco più avanti vedo questo cartellone pubblicitario E mi chiedo di che tipo di pubblicità potrebbe essere. Elettorale forse?
Attraversiamo il Bandra-Worli Sea Link .
Dopo il ponte la periferitudine del territorio si fa più evidente, come si evince dalla grossa baraccopoli ai bordi dell'autostrada. Ci troviamo a Bandra, la cosiddetta regina delle periferie. E se questa è la regina ...
Qui Mutu da pieno sfogo alla suo folle stile di guida. Che, comunque, aveva già lasciato esprimere quando ci trovavamo a Worli, il quartiere della moschea di ieri. Avete presente il sorpasso? Ecco oggi Mutu mi fa provare un po' di brividi tra le apette-taxi - che qui in periferia hanno gradatamente sostituito le utilitarie-taxi - e le strade disastrate di Bandra. L'autista si fa strada a colpi di clacson e accelerate all'impazzata infilandosi in ogni interstizio libero, ai limiti delle leggi fisiche. Ma, d'altra parte, gli altri autisti non è che abbiano uno stile di guida molto diverso. Vedendoli guidare mi chiedo quale sia il numero di incidenti a Mumbai. Una delle caratteristiche delle guida di qui è l'uso del clacson. Lo si usa in continuazione. Quando si sta fermi, quando si cammina e per farsi strada tra il traffico, che definire caotico è un eufemismo. Però, a differenza che da noi, nessuno litiga, ma nemmeno impreca, né quando è l'oggetto né quando è il soggetto delle strombazzate.

E dopo un'ora e un quarto di tali brividi raggiungiamo infine il tempio. Chiedo a Mutu: ma questo è un tempio induista? Mi risponde con la solita enigmatica oscillazione della testa. Mutu. Nomen omen: un nome un destino. Immagino comunque che non abbia idea.
All'ingresso vedo una giovane donna che indossa un abito rosso elegante contornata da altre donne meno giovani anch'esse eleganti nei variopinti sari. Sarà una sposa? - mi chiedo.
Entro nell'area antistante il tempio vero e proprio. Dapprincipio sono un po' titubante. Leggo che per entrare nel tempio bisogna togliersi le scarpe. Che faccio? Rinuncio? Vinte le resistenze occidental-sanitarie mi avventuro.
Al centro del tempio ci sono musicisti (cimbali e percussioni) e un unico danzatore che continua a danzare tutto il tempo (video).

Quasi subito mi si avvicina un uomo vestito di color zafferano e con una striscia colorata sul naso. Parla molto bene inglese a differenza degli altri con cui ho interagito sinora. Mi spiega che non ci troviamo in un tempio induista bensì in un tempio di Krishna (International Society for Krishna Consciousness - ISKCON Juhu-Mumbai). Mi spiega che Srila Prabhupada ha fondato il movimento nel 1966 a New York e poi nel '71 è tornato in India per diffondere il suo movimento anche lì. E da allora molti indiani si sono uniti e molti templi sono sorti.

Poi l'uomo mi spiega che lui è un maestro di Bhakti Yoga. Mi dice anche che alle 12:30 si apriranno le porte del tempio dietro le quali c'è Krishna. - Nel frattempo - aggiunge - ti posso far visitare il resto della struttura -. Così mi porta nel ristorante Krishna-vegetariano (niente carne né pesce né uova e latte solo di mucca. E tra i vegetali aglio e cipolla sono banditi). Nella libreria e nella residenza di Srila Prabhupada.
Alle 12:30 torniamo e mi vedo l'apertura delle porte di Krishna (video).
Tornato in albergo mi dedico a un po' di attività fisica e condivido l'ascensore e addirittura la palestra col Totti indiano.

E per la cena finale mi concedo l'agnello: delizioso.
Infine lascio l'albergo alle 22:30 sperimentando l'ultima ora di guida mutiana. Alle 23:30 mi trovo nel modernissimo nuovo terminale del Chhatrapati Shivaji International Airport dove sono costretto ad aspettare fino alle 3:00 per la partenza del mio volo.
E così la Germania mi ha salutato al mio arrivo mattutino.

lunedì, maggio 26, 2014

Mumbai - Globalizzazione? Forse, ma come diciamo noi (vada pav, alberghi, stazioni, mercati e musei)

24/5/20014
L'appuntamento con il cambia valute è organizzato per le 10:30. Ma alle 10:20 mi chiamano per scendere. L'appuntamento con Mutu, l'autista, era invece per le 11:00. Ma alle 10:45 Mutu è già lì. Mah! Poi si dice che gli indiani non sono puntuali.
I colleghi e persino la giovane conosciuta in aereo mi avevano decantato le lodi delle vada pav. - Chiedi a Mutu - mi avevano suggerito - sicuramente conoscerà un buon posto dove comprarle.
E infatti lui mi ci porta.
Ma poi, considerando il posto, la concentrazione di mosche e la confezione cartacea del panino, non ce l'ho fatta proprio a mangiarlo come un normale panino. Più che altro per considerazioni legate a questa storia qui. Altrimenti non avrei avuto grossi problemi. Tolta però la pastella fritta, un pizzico di ripieno l'ho assaggiato. Ed era davvero buono. Piccante, gustoso, speziato e profumato. Come solo i cibi indiani riescono a essere. Pare che le vada pav siano la risposta mumbaiana agli hamburger. E che risposta! Qui, secondo me, la globalizzazione faticherà molto a globalizzare. Anzi, l'impressione che mi sono fatta è che questi grandi paesi asiatici, se continueranno a crescere ai ritmi attuali, spazzeranno via l'occidente. Europa e USA compresi. Sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista demografico.

La seconda tappa è il Taj Mahal Palace Hotel.
La leggenda vuole che il ricco industriale Jamsetji Nusserwanji Tata decise di far costruire questo albergo di lusso in stile indo-saraceno (1903) dopo essere stato rifiutato, in quanto non bianco,come ospite di un albergo di lusso dei tempi.
Terza tappa: stazione ferroviaria Chhatrapati Shivaji (UNESCO) e Municipio di Mumbai. Si trovano sulla stessa piazza. La prima è in "stile neogotico-vittoriano, con una fusione di elementi veneziani e indiani" e il secondo è semplicemente neogotico. Video girato sulla piazza.
Raggi del sole quasi perpendicolari. La seconda foto l'ho scattata alle 13:30. A mezzogiorno l'ombra sarebbe stata quasi inesistente. Tra meni di un mese quindi Mumbai potrebbe essere usata come uno dei due luoghi per ripetere l'esperimento di Eratostene.
Costeggiando il mare raggiungiamo la quarta tappa: la moschea di Haji Ali. La prima impressione che ho avuto del mare di Mumbai è che non odorasse di mare. Quello che si respira è un odore sulfureo. Immagino la ragione possa essere dovuta agli scarichi di una città di quindici milioni di abitanti.
Costruita nel 1431 la moschea è situata su un'isoletta dell'omonima baia. Da notare che le basse maree trasformano l'isola in penisola. Ospita la tomba del santo musulmano Haji Ali, a cui la moschea deve il nome. Qui vedo un lato ancora più estremo di Mumbai. Forse guardando questo video potrete farvene una vaga idea. E diverse considerazioni mi inducono a rinunciare alla visita. Penso che neppure Mutu si sarebbe spinto a tanto.

Ci dirigiamo poi verso un mercato un po' più periferico.

Dove vedo diverse cose per me inedite.

Frutti e verdure mai visti prima.
E persino olive. Non mi sarei aspettato che in un clima del genere potessero proliferare gli ulivi. Sempre che quelle siano olive e che non siano state importate.
Da notare anche quegli oggetti quasi della dimensione di un cocomero. Ho chiesto, ma oltre a sapere che si trattava di una verdura non sono andato. E guardate anche l'altro frutto della foto di destra. A prima vista mi sembrava somigliasse a una melanzana. Solo che le melanzane non crescono a grappolo.

E come potevano mancare le vacche? Che poi mi chiedo che cosa venda la signora. Se la vacca stessa, solo il suo latte o qualcos'altro.






Poi Mutu, di sua iniziativa si ferma davanti alla casa di Gandhi. E gliene sono grato.


Il riposo del tassista. Posizione di riposo molto popolare qui.
Intorno alle 15, dopo aver scartato diversi ristoranti indiani, di nuovo per considerazioni legate a questa storia qui, e visto che Mutu sta avendo problemi a trovare quello che gli avevo segnalato io (addirittura fa salire un passante che ci ha portato nel posto sbagliato), decido di congedare l'autista facendomi lasciare nella zona del gateway of India.
Riesco a trovare due ristoranti che mi paiono più decenti. Ma scopro che sono sedicenti "europei". Rimango perplesso. Il concetto di "cucina europea" mi mancava . Credo che nessuno in Europa considererebbe la "cucina europea" come un'entità unica. E forse neppure alcun americano si spingerebbe a tanto. Do una sbirciata al menu e mi pare propongano un miscuglio di idee italiane, francesi e forse spagnole un po' rimescolate e reinterpretate. D'altra parte, potrete obiettare, ma da noi non viene proposta la "cucina indiana" o la "cucina cinese", quando quei posti hanno le dimensioni di continenti? È vero. Anche da noi, nei rispettivi ristoranti etnici, ci proporranno probabilmente un calderone rimescolato e reinterpretato. Però, l'idea che mi sono fatta è che, pur con tutte le sue diversità interne, la "cucina indiana" presenta maggiore omogeneità di ingredienti e di piatti. Vero è che al centro-nord si usa il gi e al sud non si usa. Così come da noi al nord c'è prevalenza di burro e al sud si usa l'olio d'oliva. È vero che al centro-nord, oltre al riso, si usano anche i cereali per il roti (pane azzimo) mentre al sud si usa solo il riso. Ma, complessivamente, ingredienti e idee su come interpretare la cucina sono molto più omogenei se li si confronta a quelli anche della sola europa occidentale. Tra cucina italiana e cucina tedesca (tanto per citarne due a caso) c'è un abisso. Credo che gli ingredienti della cucina tradizionale tedesca si possano riassumere molto brevemente: maiale, patate, crauti, pane, burro, cipolle, aneto, prezzemolo e forse pochi altri. Niente di più lontano dalla cucina italiana, ma anche da quella francese e da quella spagnola.
Ma, terminando il pippone le elucubrazioni sui parallelismi culinari e tornando alla storia, deciso di scartare pure quei ristoranti principalmente perché non voglio accettare l'idea di mangiare "europeo" a Mumbai. Ma, dopo aver girovagato ancora nella canicola di Mumbai, alla fine devo rassegnarmi, molto a malincuore, a entrare in un caffè "belga".Pranzo con un mega-cappuccino belga e un muffin: belga pure lui; e riprendo quindi il giro in un orario un po' meno canicoleggiante.

L'obiettivo è il Chhatrapati Shivaji Maharaj Vastu Sangrahalaya (ex Museo del Principe di Galles dell'India Occidentale). Che si trova tra il Gateway e il mio albergo. 
Brahma - lastra del soffitto del tempio Huchchhappaiyya Gudi di Karnataka - VII sec. d.C.
Vishnu - Basalto - Maharashtra XI sec. d.C.
Mentre fotografavo questa statua è arrivata una famiglia e i due bambini, appena si sono accorti che si trattava di Vishnu, si sono messi a pregare. Per un attimo mi è venuto in mente un parallelo. Una famiglia che entra in una sala dei musei vaticani e i due bambini, incoraggiati dal padre, si mettono a pregare davanti alla statua di Giove... Magari potrebbe essere l'inizio di un racconto di storia controfattuale.



sabato, maggio 24, 2014

Mumbai: Gateway of India, namaskar e Totti-Balotelli indiani

23/5/20014
Essendo riuscito a terminare il corso con un po' di anticipo oggi sono andato via dopo il pranzo in ufficio. Una delle particolarità di questi pranzi, a parte il cibo, sono le usanze conviviali. I colleghi si comportano come noi ci comporteremmo forse solo in famiglia. Con offerte di assaggio e iniziative di assaggio. Per cui capita spesso di vedere un viavai di piatti e posate che s'incrociano sul tavolo. Due colleghe, con molta gentilezza, hanno puro offerto pure a me. E così ho potuto constatare che, effettivamente, il loro cibo casalingo era superiore. Comunque, a tavola, sono stati tutti ospitali e cordiali con me. Anche se capitavo vicino a persone con cui non avevo nulla a che fare. E questo conferma la mia tesi: India e Germania sono agli antipodi. L'Italia forse è un po' nel mezzo.
Al ritorno in albergo mi sono imbattuto di nuovo con il Totti indiano. Anzi ho scoperto che oltre al Totti c'era pure il Balotelli indiano. Infatti, oltre alla squadra di cricket di Mumbai, ospite nel mio albergo c'era anche quella di Delhi.
Verso le 16:30 ho deciso di uscire. Mi sono così immerso nel clima infuocato, ma fortunatamente oggi un po' meno umido. Stavolta la meta era il Gateway of India.

Nei due chilometri percorsi ho visto cose interessanti.











Ho attraversato mercatini e folle variopinte e multietniche. E credo di aver visto pure il lato più autentico della città.


Venditori di cocco. Calzolai e barbieri ambulanti.











David Sassoon Library

Per l'ingresso alla piazza del Gateway of India c'era il controllo degli zaini e lì un poliziotto (o militare) anziano mi ha parlato in hindi. Io l'ho guardato un po' interdetto mentre pensavo: non si vede che è un po' improbabile che io capisca l'hindi? Mi aspettavo che a breve passasse all'inglese. Poi ho capito che quello era il saluto. Namaskar. Namaskar. Ripeteva con le mani giunte sul petto E non ha smesso fino a quando non l'ho imitato.
Torre del Taj Mahal Palace Hotel
Gateway of India. Cominciato nel 1911 e terminato nel 1924. Dall'apertura del canale di Suez all'avvento degli aerei di linea era qui che le navi inglesi sbarcavano in India. E quale luogo migliore per mostrare la potenza dell'impero britannico con questo imponente arco di trionfo di basalto in stile indo-saraceno.
Posto turistico e affollato. Ma di soli turisti locali. E anche di fotografi, accattoni, mendicanti e procacciatori. Ecco, lì mi sono sentito un po' osservato. Nell'ordine mi hanno offerto: foto, cartoline, hashish e marijuana. E il venditore di cartoline non riuscivo a togliermelo di torno. Alla fine ho dovuto scartarlo con delle finte tra la folla che manco Totti...

Chhatrapati Shivaji Maharaj Vastu Sangrahalaya (ex Museo del Principe di Galles dell'India Occidentale)
Quartier generale della polizia di stato di Maharashtra.
La sera, tornato in albergo, ho scoperto una cosa triste e un po' inquietante. Il mio albergo è stato uno dei dieci obiettivi degli attentati del 26 novembre 2008. Degli altri nove, tre li ho visitati.