lunedì, dicembre 29, 2008

Rientro

Ieri sera siamo tornati alla base.

Siamo partiti sabato dopo una visita mattutina fuori programma all'ospedale di Rieti, dove il 25 è stata ricoverata mia nonna.

Al ritorno da Rieti il mio piede era molto dolorante. Dopo circa 30 Km Dionismammà è scesa e Zucchero mi ha sostituito alla guida.
Tranne un tratto di circa un'ora dopo aver superato il tratto appenninico, in cui sono riuscito a tornare alla guida, Zucchero ha resistito fino alla nostra solita tappa presso l'affittacamere In Riva Al Lago di Como.

La sera abbiamo mangiato la solita pizza napoletana nella pizzeria Ramses di Como.
Pizza napoletana a Como in una pizzeria con un nome antico egizio?!
Eppure fanno una buona pizza stile napoletano e ovviamente i gestori sono partenopei.

Ieri mattina, nonostante la sveglia spontanea alle 7:30, tra colazioni e pulizie varie, siamo riusciti a partire solo verso le 10.

Dopo una sequela senza precedenti di tappe fisiologiche obbligate, ci siamo fermati verso le 12:30 per il pranzo nella nostra solita area di servizio Svizzera del (Marché dopo Lucerna.


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Nonostante tutto, alla fine il viaggio è andato bene. Il piede era meno dolorante e sono riuscito a guidare di più.

Oggi Zucchero lavora e io sto a casa, ma non sono a riposo. Ho passato la mattinata tra spesette varie per riempire il frigorifero vuoto e per procurarmi dei pantaloni adatti alle temperature glaciali.
L'attività più pesante e che mi vede ancora impegnato è però senz'altro lo svuotamento del cofano della Bora familiare, pieno di cibarie (panettoni, torroni e vari dolci fatti a mano, salsicce, taniche d'olio d'oliva, cipolle, agli, lardi, salami, formaggi, tonno, funghi, paste, uova, ceci, lenticchie, fagioli, farro, cicerchie, bottiglie di vino e di spumante), regali e libri.

venerdì, dicembre 26, 2008

Vacanze di Natale

Queste vacanze sono cominciate male e stanno finendo peggio.
Per Capodanno ce ne staremo a casa. Speriamo bene.....

lunedì, dicembre 15, 2008

Salem Krankenhaus - quinto, sesto e settimo giorno

Sabato 13 dicembre (S. Lucia – giorno in cui il sole tramonta prima)

Il russatore partenopeo è l’unico paziente che mi accompagna durante tutta la mia degenza.
Il terzo paziente della camera è all’inizio un rumoroso cinquantenne che tiene la radio accesa per tutto il giorno. Sostituito da un malato piuttosto grave che una mattina cade in stato allucinatorio.
Sostituito da un pedagogo infantile di 40 anni. Alto, sportivo, orecchino, tatuaggio, sicuro di se, un po’ coatto secondo i miei parametri con ragazza ancora più coatta. Il pedagogo ha problemi al cuore causati secondo lui da stress. Ha a che fare con bambini che hanno anche malattie gravi.
Durante la sua degenza però, fortunatamente durata solo due giorni, lo stress riesce a trasmetterlo pure a me. Mi dice che secondo lui ricevo troppe telefonate ed SMS e che sto troppo al computer, che questo mio comportamento lo stressa e che se continuerò così tra qualche anno avrò anch’io problemi di cuore.
Durante questa discussione il russatore partenopeo si sbellica dalle risate ed io cerco di controllare la collera che sale rispondendo al pedagogo solo che ho già passato troppo tempo in ospedale e che spero che la sua previsione non si avveri.
Inoltre tra me e me penso: sei stressato ora? Temo che tu non abbia la più vaga idea di quello che ti aspetterà stanotte.
Chiedo al russatore partenopeo se disturbo pure lui. Mi risponde:

“Ma quale disturbo!! Sono i tedeschi che si voglio sempre imporre su tutti!!”

e parte con la sua giaculatoria sui vicini tedeschi che si sono coalizzati contro di lui perché italiano....
In realtà alla fine di questa degenza quei vicini avranno tutta la mia comprensione... anzi penso quasi di contattarli per coalizzarmi anch'io.

Il pedagogo si dice stressato dal mio comportamento, ma lo sventurato non sa ancora che notte dovrà affrontare.
Le notti qui sono piuttosto movimentate. A contribuire sono le infermiere, con le loro incursioni notturne, ma soprattutto le bizzarre abitudini del russatore partenopeo.
Il signore spende i pomeriggi e le serate a dormire negli intervalli tra un pasto, un caffè ed una visita della rumorosissima e scostumata famiglia. Il suo russare credo lo si senta per tutto il reparto. Verso mezzanotte si sveglia e non riesce più a dormire. Si diletta così in una serie di attività che vanno dall’accendere la luce, alzarsi, ridistendersi rumorosamente, aprire cassetti e sportelli, richiuderli sbattendoli, andare in bagno a scatarrare ed a soffiarsi rumorosamente il naso nel lavandino.

L’apice lo raggiunge la notte in cui dopo aver di nuovo sbattuto cassetti e sportelli, fa prima cadere un contenitore, poi lo apre rumorosamente e comincia a mangiare la pastasalat preparata dalla nuora Lituana. I rumori prodotti dalle mascelle del partenopeo sono paragonabili a quelli di una stalla di ruminanti in azione. Per la camera comincia inoltre ad aleggiare un nauseabondo afrore di creme acide e pseudo-maionesi mescolato ad essenze podologhe et al.
A quel punto non ho resistito, mi sono alzato e ho cominciato ad aprire le finestre bestemmiando in diverse lingue, compreso il mio dialetto e un dialetto di ceppo ugro-finnico parlato solamente in un villaggio della Patagonia la cui conoscenza è infusa in me da un fenomeno mistico-gastrico-glossolalico.

Per tornare quindi al pedagogo, questo è il dialogo che ha luogo nella nostra camera all’indomani della sua prima ed unica notte trascorsa qui a Salem.

Pedagogo: “Guten Morgen”
Dioniso: “Guten Morgen”
Pedagogo: “Che brutta notte!”
Dioniso: “Qui tutte le notti sono così. Anzi, questa forse è stata una delle migliori da quando sono qui.”
Russatore partenopeo rivolto a Pedagogo: “Perché?!”
Pedagogo: “Non ho chiuso occhio!”
Russatore partenopeo: “Come mai? Soffre d’insonnia?”

Domenica 14 dicembre

Ieri sera è arrivato un nuovo paziente. L’hanno portato in barella, l’hanno aiutato a sistemarsi sul letto e dopo un po’ si è addormentato.
Capisco subito che durante la notte avrà luogo un’epica gara tra titani. La scuola partenopea del suono pieno, vibrante, profondo e continuo sfiderà la raffinata arte della scuola tedesca con le sue variazioni tonali e timbriche che passano dai toni acuti alla gamma grave, da rassicuranti lunghe pause ad esplosivi fortissimi, con ritardandi seguiti da repentini stringendi, spesso coronati dai meravigliosi e impetuosi finali con fuoco.

Per la cena come al solito Zucchero mi accompagna nella sala TV al quinto piano. Appena finito il pasto scorgiamo nel corridoio l’imponente figura del russatore partenopeo che si avvicina alla porta della sala.
Entra, si rivolge a me e dice:

“Questa notte non dormiremo! Hai sentito come russa quello nuovo!?”
Dioniso: "Eh! Bisogna avere pazienza!"

Zucchero ed io cerchiamo di trattenere le risate ma non riusciamo.

Verso le 20 torno in camera e trovo i due sfidanti già ai loro rispettivi posti di combattimento: sul primo letto il partenopeo, già dormiente e russante; e nel secondo letto il teutonico, che intimorito dallo sfoggio di muscoli dell’avversario esclama: ahiahiahiahiahi!

Io nel frattempo ho corrotto un infermiere compiacente facendomi prescrivere razione doppia di sonniferi.

Durante la prima parte della notte la competizione vede il dominio leale, netto, totale e incontrastato a favore del russatore partenopeo: le sue belle note pedali piene con finale glissato riescono a non far prender sonno all’avversario che si trova quindi in drammatico e irrecuperabile svantaggio.
Nella seconda parte della notte sembra esserci un colpo di scena: il russatore partenopeo si sveglia. Tutti si aspettano con il fiato che l’avversario ne approfitti. Invece la grande varietà di mezzi e l'enorme esperienza del partenopeo non danno all’avversario neppure il tempo di riorganizzarsi. Tra lo stupore di tutti il partenopeo comincia a far sfoggio di una serie di tecniche non convenzionali che disorientano il teutonico e lo mantengono comunque sveglio. Il partenopeo usa il meglio del suo repertorio non ortodosso: cassetti e sportelli sbattuti, accensioni di luce, passeggiate per la stanza, sdraiate con acuti e periodici cigolii, scatarrate e soffiamenti vari.

La tecnica del partenopeo è talmente raffinata che anche quando parrebbe giacere immobile e dormiente sul letto, in realtà gioca invece con la maniglia sopra la sua testa spingendola a mo’ di altalena e facendole emettere un acuto e ripetitivo cigolio.

Verso la mattinata il teutonico riesce finalmente ad addormentarsi e a sferrare qualcuno dei suoi colpi, che non riescono comunque a colmare l’enorme vantaggio accumulato. Il vincitore per KO tecnico è quindi senza dubbio il Russatore Partenopeo!!!!

Per pranzo mi danno un permessino. Posso così andare a gustare a casa la pasta al forno di Zucchero con polpette e mozzarella.

Lunedì 15 dicembre

Alle 9 mi allacciano l'ultima flebo. Ora sono in attesa dei risultati dal laboratorio e della conferma che me ne potrò andare a casa.
Se tutto va bene stasera partiremo alla volta della Svizzera.

sabato, dicembre 13, 2008

Salem Krankenhaus - primo e secondo giorno

Martedì 9 dicembre

Non avendo letti disponibili, alla clinica dermatologica universitaria scelgono di farmi ricoverare in un ospedale con cui hanno rapporti.

Scelgono Salem Krankenhaus. Ancora non sono riuscito a capire bene perché non abbiano invece scelto la Medizinische Klinik. La Punktionatrice poi mi dirà che potrebbe essere pericoloso per i pazienti immunosoppressi... ma anche qui ci sono i pazienti immunosoppressi!

Mercoledì 10 dicembre

Il paziente che occupa il letto alla mia destra è un taciturno signore ultrasettantenne piuttosto sovrappeso con un po’ di problemi nel muoversi. Giace quasi tutto il giorno sul letto.
L’ho sentito conferire solo con il figlio con cui bofonchiava in un incomprensibile dialetto tedesco locale.
Ieri e stamane avevo narrato più volte al telefono e in sua presenza le prodezze del signore nell’arte del russare.

Nel pomeriggio il russatore con un linguaggio quasi mimico mi fa capire che avrebbe gradito che gli prendessi una tazza di caffè dal tavolo lungo il corridoio. Lo faccio con piacere. Ritorno con la tazza e il signore mi chiede se gli prendo anche il “milch” (latte, ma in realtà è una sorta di panna liquida) ...
ah! e anche lo zucchero!
Gli procuro gli accessori desiderati e chiedo all’altro signore se anche lui ha bisogno di qualcosa.

Dopo aver bevuto il suo caffè teutonico con Sahne (panna) il russatore mi fa cenno con la mano di avvicinarmi a lui. Mi avvicino, il signore mi fissa per qualche secondo, dall’espressione intuisco che vuole che mi avvicini ancora di più. Lo faccio. Al che quasi in un sussurro mi chiede: “ma sei italiano?”
- AH! è italiano pure lei?
- Ma sei proprio italiano? O sei nato qui?
Dopo essersi accertato della purezza del mio sangue e dei miei Natali mi rivela la sua identità di partenopeo emigrato alla fine degli anni ’50 e si esibisce in un monologo sul tema differenze culturali tra italiani e tedeschi e soprattutto tra donne italiane, che se gli dai uno schiaffo se lo tengono, e donne tedesche che impongono invece il loro dominio sui coniugi.
Due scene nannimorettiane si materializzano tra i miei tre neuroni: „Paaallaaaaaaa!!!“ della messa è finita e il monologo di Moni Ovadia in Caro Diario a cui Moretti assiste mentre scarta del formaggio, ne taglia un pezzo e lo mangia.

venerdì, dicembre 12, 2008

Sono stato contagiato dal Sacro - Gomorra

Martedì 9 dicembre

Non ci crederete ma sembrerebbe che una qualche forma del Sacro si sia manifestata in me.

A partire da mercoledì della settimana scorsa, durante la visione di Notturno Bus inizio a percepire un strano fastidio sul retro della coscia.
Ho subito associato il dolore con la mia ultima biopsia del midollo di due settimane prima che era stata un po’ più cruenta del solito.
Il fastidio si manifesta solo quando sto seduto o sdraiato. Comincio a pensare che la mia cara punkzionatrice mi abbia toccato un nervo, forse il nervo sciatico, provocandone l’infiammazione.
Venerdì il fastidio persiste ancora. Decido allora di scrivere un’email alla punkzionatrice.
Come pregiudizialmente prevedevo la punkzionatrice mi dice che secondo lei il dolore non c’entra nulla con la biopsia. Io non sono convinto. Concorda comunque che potrebbe essere un’infiammazione di un nervo e che potrebbe aver senso prendere degli antinfiammatori. Mi consiglia inoltre di prendere un appuntamento con un ortopedico. Riesco a prenderne uno per mercoledì

Sabato comincio così a prendere delle pasticche di Voltaren e il dolore effettivamente scompare.
Sabato sera noto delle chiazze rosse sullo stinco. Se le tocco bruciano un po’. Comincio ad allarmarmi: che c’entrano ora queste chiazze con l’infiammazione del nervo? È una coincidenza, o i due eventi sono collegati?

Passo la domenica con i miei tre neuroni che lavorano per trovare una possibile interpretazione che riuscirebbe a spiegare e connettere i due sintomi.
Le chiazze saranno un effetto collaterale del Voltaren?
Ma allora perché si sono manifestate solo sulla gamba dolente?!
Sono causate dal fegato? Ma allora che c’entra il dolore?
Insomma, non riesco a trovarne un’interpretazione soddisfacente.

Nel pomeriggio andiamo al cinema a vedere Gomorra.
Il film mi piace molto. Non avevo mai visto sinora una pellicola sulla criminalità organizzata che evitasse così bene il pericolo di mostrare i criminali come eroi negativi. Anzi il problema dei piccoli criminali che imitano i miti negativi cinematografici affiora proprio tra le righe della narrazione.
I camorristi di Gomorra sono tutt’altro che miti, tutt’altro che eroi.
La pellicola lascia comunque senza speranze. Il che non ha effetti molto benefici sul nostro umore, già di per se non propriamente gioioso.

Il lunedì decido di prendere una sola pasticca invece che due e la notte il dolore torna.
Tra le varie ipotesi me ne viene in mente una. A suo tempo, sospettando di averlo, avevo letto che il Fuoco di S. Antonio produce l’infiammazione di un nervo e la comparsa di sfoghi cutanei lungo il percorso dello stesso. Non sarebbe questa una possibile interpretazione che riuscirebbe a spiegare e connettere i due sintomi?

Il martedì mi decido a risolvere il problema in giornata. Non voglio aspettare l’appuntamento dell’indomani.
Cerco di parlare con il mio medico di famiglia. Le assistenti non riescono a trovarmi uno spazio libero prima delle 18:00.
È troppo tardi!
Prendo lo stesso l’appuntamento, ma decido di esplorare parallelamente il canale della clinica dermatologica. Per esperienza so che se si va senza appuntamento ci sono ore ed ore d’attesa. Le segretarie fortunatamente mi supportano e mi fanno varie stime sempre sbagliate per difetto:

Ci sono quattordici pazienti prima di lei. Torni almeno tra un’ora.

Ci sono undici pazienti prima di lei. Torni almeno tra tre quarti d’ora.

Ci sono sei pazienti prima di lei. Torni almeno tra un’ora e mezza.

Finalmente verso le 13:15 riesco a raccontare la storia e mostrare la mia gamba alla dermatologa di turno.

Nonappena le affascinanti chiazzette rosse si scoprono alla sua vista la giovane dermatologa sentenzia il suo sacro verdetto: Gürtelrose; e cioè Fuoco di S. Antonio, anche noto come Herpes Zoster. Causato dai simpatici virussetti che nel 1978, e per l’esattezza ai tempi del rapimento Moro, mi infettarono immediatamente dopo un’ingessatura della mia gamba a causa di un salto che provocò una osteocontrite, facendomi sperimentare il piacevole binomio di varicella con gamba ingessata. Penso che pochi nella vita abbiano provato l’ebrezza delle pustole di varicella sotto la corazza del gesso.

La prognosi è 5 giorni di ricovero con 3 flebo al giorno di Aciclovir (farmaco antivirale).
Al quinto giorno si vedrà se si potrà continuare la terapia da casa per via orale.
Per ora abbiamo dovuto comunque rimandare la nostra partenza prevista per venerdì.

venerdì, dicembre 05, 2008

Il Salvatore

Il mio anonimo salvatore ha espresso il desiderio di mettersi in contatto con me.
Oggi ho accordato il permesso che consentirà tale contatto.

giovedì, dicembre 04, 2008

Cinema! Italia! - terza parte

Ieri è finita la rassegna Cinema! Italia!
Siamo contenti di essere riusciti a vedere tutti i film, ma siamo anche un po' sollevati dal fatto che stasera ce ne potremo restare a casa al calduccio tra petti di tacchino allo zenzero e castagne.
Le ultime serate sono state una corsa tra i vari impegni.

Martedì sera è toccato a Valzer.

Già al primo dialogo sono rimasto un po' perplesso. Trovavo la recitazione un po' strana, inconsueta, mi suonava falsa. Zucchero più tardi mi dice che è una recitazione di tipo teatrale. Osservazione confermata dalla successiva lettura di critiche.

Quel tipo di recitazione comunque a me non piace. L'apice del fastidio poi lo raggiungo quando usano espressioni mutuate dal doppiaggio italiano dei film americani.
Espressioni che nell'italiano vivo non usa nessuno, tranne forse qualche emulo del linguaggio doppiaggistico.

Espressioni tipo "fottuto", "fottiti", "cristo", ma chi le usa nella vita quotidiana?!
Sono probabimente nate un tentativo di "eufemizzare" termini inglesi che non ripeto per non attirarmi le visite dei maniaci.

Comunque non posso esprimere un giudizio sulla pellicola nella sua interezza in quanto ho dormito durante più della metà della proiezione.

Mi sono svegliato verso la fine con il commento di Zucchero che chiosava: ma quando finisce?!

Ieri sera abbiamo visto invece Notturno Bus.
Diversamente da Valzer, questa pellicola è riuscita a tenermi sveglio ed attento.

È un bel fumettone divertente. Azione, spionaggio, commedia, sentimenti. Non avevo mai visto un film italiano di questo genere.
Ci sono diverse scene di violenza, ma suscitano più spesso sorrisi che tensione.
Quando si parla di azione vengono sicuramente in mente i gloriosi riferimenti americani. Qui mi è venuto in mente Pulp Fiction.
Il rischio poteva essere quello di costruire una brutta copia. Un tentativo di emulazione degli americani nei dialoghi (vedi film precedente) e nelle ambientazioni.
Invece Davide Marengo insieme agli sceneggiatori, tra cui Giampiero Rigosi, l'autore dell'omonimo romanzo, sono riusciti a creare qualcosa di originale.

Bravi Valerio Mastandrea e Giovanna Mezzogiorno. Bravo anche Ennio Fantastichini.
Molto sopra le righe la recitazione di Francesco Pannofino (nel ruolo di Garofano), che però, una volta accettato il carattere di fumettone, non disturbava.

Pare che sia costato in tutto 30.000 € e che ne abbia incassati 757.454.

Qui un estratto di scene:

lunedì, dicembre 01, 2008

Cinema! Italia! - seconda parte

Vista la lunghezza del post precedente proseguo qui.

....Allora stasera abbiamo visto L’orchestra di Piazza Vittorio.
Quello che mi è piaciuto è stata soprattutto la storia di questo progetto quasi utopistico.
Lodevole l'impegno di Mario Tronco della Piccola Orchestra Avion Travel.
Alcune scene e impostazioni di questo documentario mi hanno ricordato Caro Diario.

Qui un pezzo dal vivo dell'orchestra.



Qui altri pezzi.

Cinema! Italia!

Viste le pochissime occasioni che abbiamo di vedere pellicole italiane in lingua originale, come tutti gli anni cerchiamo di non perderci neppure una proiezione nell'ambito della lodevole annuale rassegna Cinema! Italia!, che quest'anno arriva a toccare 26 città tedesche, tra le quali la nostra, e 27 sale cinematografiche.

Questo è il programma del 2008

Il vento fa il suo giro

Centochiodi

La giusta distanza

Lascia perdere, Johnny!

L’orchestra di Piazza Vittorio

Notturno Bus

Valzer

A me piace vedere i film senza sapere assolutamente nulla in anticipo sulla trama. Quindi cerco di non leggere mai descrizioni, non vedere mai trailers e non leggere mai critiche prima di vedere il film.
Dopo la visione e dopo essermi fatto un giudizio per quanto possibile mio, mi piace anche discutere e leggere le impressioni suscitate in altri. Confesso che a volte tali impressioni possono anche fornirmi chiavi di lettura che mi fanno cambiare un po' il giudizio.

La prima pellicola che abbiamo visto è stata Il vento fa il suo giro ("E l'aura fai son vir" in occitano) di Giorgio Diritti.
Il film è piaciuto sia a me che a Zucchero.

Verso la fine ero rimasto un po' disorientato, ma i chiarimenti di Zucchero, sempre molto più acuta ed attenta ai dettagli di me, mi hanno aiutato a trovare una chiave di lettura che mi ha fatto apprezzare di più il film (godimento di testa).

La fotografia è molto bella e anche la regia quando gioca (purtroppo non conosco i termini tecnici cinematografici) con le riprese dei paesaggi, molto belli, ma sempre un po' austeri e tetri.

I temi principali sono: la comunità, la solidarietà, l'estraneo, il coraggio di fare scelte difficili, l'insoddisfazione, il sentirsi repressi.

Tali temi sono trattati in un modo non immediato, ma il regista riesce ad innescare molte riflessioni.

Mi è piaciuta molto una delle frasi del protagonista. Cito a braccio:

"Bisogna avere la lucidità di capire che cosa si vuole dalla vita ed poi il coraggio per farlo.
Chi non ci riesce si sentirà inevitabilmente infelice e represso e coverà sicuramente una vendetta ."

Nella mia vita mi è capitato diverse volte di notare tali tratti in alcune persone, che spinte per lo più dal senso di repressione e insoddisfazione, determinato dalla mancanza di coraggio o da cause contingenti che gli hanno impedito di realizzare proprie aspirazioni, se la prendono con particolari categorie, che a volte rappresentano i diversi e a volte rappresentano l'idealizzazione di ciò che essi stessi sarebbero voluti diventare.

Qui c'è un piccolo estratto di scene della pellicola.


Potevamo esprimere dei giudizi. A "Il vento fa il suo giro" abbiamo dato tra buono e ottimo.

Ulteriori informazioni sulla pellicola.

Anche Centochiodi mi è piaciuto. Sicuramente tratta temi che non lasciano indifferenti. Ha infatti indotto una discussione post-visione tra me e Zucchero che abbiamo piacevolmente proseguito davanti ad un piatto di maialino arrosto con crauti, alla Kulturbrauerei.
Forse alla fine l'ho trovato un pochino pretenzioso.
Zucchero ha individuato delle contraddizioni, forse volute dal regista, nel comportamento del protagonista.

A Centochiodi abbiamo dato buono.

Ieri mattina alle 11:00 abbiamo visto La giusta distanza. Anche questa pellicola mi è piaciuta.
La prima parte del film è un bell'affresco dell'umanità che attualmente popola la campagna del delta del Po'. A volte mi è sembrato un po' macchiettistico, ma è forse solo perché io non conosco quella realtà.
Verso la fine affiora la trama del giallo insieme al torbido che aveva flebilmente ed inquietantemente aleggiato per tutta la prima parte.

Alla fine pensavo di aver individuato il colpevole. Credevo fosse una soluzione banale, forse scelta perché lo scopo della pellicola non era quello di creare un'intricata trama da giallo.
Invece mi sbagliavo. Zucchero invece aveva individuato il colpevole giusto.

A "La giusta distanza" abbiamo dato tra buono e ottimo.

Trama e recensione.

Ieri sera alle 19:00 abbiamo visto Lascia perdere, Johnny! è finora quello che mi è piaciuto di meno. Non è che mi sia annoiato: è una piacevole commediola che suscita qualche risata, ma niente di più.

A "Lascia perdere, Johnny!" abbiamo dato mediocre.

Trama e recensione.

"L’orchestra di Piazza Vittorio", "Notturno Bus" e "Valzer" li vedremo tra stasera, domani e dopodomani sera.

Aggiungerò un nuovo post con le rispettive impressioni.

mercoledì, novembre 26, 2008

Messa da Requiem

Sabato sono stato impegnato nel Probentag (giorno di prove) con la AufTakt Orchester.
Pensavo che la prova sarebbe finita alle 18:30, invece il buon Tobias si è liberato dei tromboni alle 16.
Ne approfittiamo per fare degli acquisiti lungo la Hauptstrasse.

Pensiamo di comprare anche i biglietti per il concerto dell'indomani il cui annuncio avevamo visto durante la passeggiata di domenica scorsa: la Missa da Requiem di Giuseppe Verdi con la partecipazione del coro da camera della Crimea (Simferopoli) - che ci evoca recenti avventure.

Alla fine dei giri ci ritroviamo alla Heiliggeistkirche verso le 18:30.
Visto che il concerto del sabato comincerà alle 19, decidiamo di anticipare la nostra partecipazione all'evento.

Riusciamo ad avere un posto laterale.
I protagonisti entra in scena in modo piuttosto inusuale. Per prima arriva l'orchestra, poi i cantanti dell'Heidelberger Studentenkantorei, poi il coro da camera della Crimea, poi i solisti e infine il direttore.
Il fatto inusuale è che non si manifesta neppure il più flebile tentativo di applauso.
Nonostante la vastità dell'ambiente la scena mi trasmette un senso di intimità.

La flebile ma decisa voce del violoncello intona il tema del Requiem aeternam (l'introito secondo il rito liturgico della Messa da Requiem) in un pianissimo che innesca immediatamente una mutua vibrazione delle corde più interiori dei miei sentimenti.
Il coro comincia quindi ad intonare l'inizio omoritmico:

Requiem aeternam dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis.


per poi passare al contrappunto nel fugato sui versi:

Te decet hymnus, Deus, in Sion,
et tibi reddetur votum in Jerusalem;


I brividi percorrono in lungo e in largo tutta la mia persona.

Non so bene perché, ma sin dall'adolescenza ho una particolare attrazione per le Messe da Requiem. In particolare per la sequenza Dies irae, di cui conosco il testo a memoria.

Il Dies irae della Messa di Verdi è poi quello che in assoluto mi piace di più. Infatti è prorprio quando trombe, tromboni, grancassa e timpani irrompono prepotentemente per l'attacco della sequenza che l'emozione che mi trasmette il mio subconscio raggiunge l'acme.



Dies irae, dies illa
solvet saeclum in favilla
teste David cum Sybilla
Dies irae, dies illa
Quantus tremor est futurus,
quando judex est venturus
cuncta stricte discussurus.


Questo pezzo mi fa rabbrividire ogni volta che lo ascolto. È forse il mezzo con cui il mio animo agnostico viene trasportato più vicino a quello che si potrebbe definire una dimensione spirituale.

Io sono cresciuto musicalmente a pane e Verdi. Ho quindi un giudizio influenzato da questo mio passato.
Mi sento comunque di affermare che la Messa da Requiem di Verdi, ed in particolare il Requiem aeternam ed il Dies irae, ricopre uno dei primi posti nel mio olimpo musicale personale.

Ho già detto che sin dall'adolescenza ho una particolare attrazione per le Messe da Requiem.
Apprezzo molto anche quella che è forse la prima versione: quella gregoriana, il cui Diaes irae ho inserito qui sopra.

Apprezzo molto anche il Requiem di Mozart. E qui non posso esimermi dall'allegare il Tuba Mirum che si apre con un bel solo del secondo trombone.

Qui vorrei fare una mia osservazione del tutto soggettiva su un aspetto condiviso secondo me dal Requiem di Mozart e da quello di Verdi.
Essi rappresentano, secondo il mio umilissimo parere, rispettivamente uno dei pezzi meno "mozartiani" ed uno dei pezzi meno "verdiani" delle rispettive produzioni dei compositori.

Non che i tratti dei compositori non si individuino. Come ad esempio la prorompente teatralità del Requiem di Verdi. Però se li si confronta con la maggior parte delle rispettive composizioni si nota una singolarità. Non escludo che ciò sia dovuto alla particolarità formale della Messa da Requiem abbastanza distante dalla forma della maggior parte delle rispettive composizioni.

È solo verso la fine della messa, che riflettendo sul significato dei testi, mi accorgo per la prima volta che il Requiem Aeternam non è altro che la traduzione della preghierina dell'eterno riposo che ci insegnavano da bambini.
Ho riflettuto quindi sui sentimenti completamente diversi che mi suscitano i due testi nelle due lingue diverse. Il messaggio semantico è chiaramente lo stesso, ma la mia percezione è totalmente diversa. Uno mi sembra il testo di una canzoncina per bambini, l'altro mi trasmette un senso di austerità, maestosità e sacralità antica.
Forse è la lingua stessa ad essere latrice alle mie orecchie di un messaggio semantico che le proviene dalla distanza di lingua morta e rituale e dai contesti in cui attualmente si usa.

Questa riflessione mi porta a pensare che ammettere il latino come una delle possibili lingue della liturgia ecclesiastica ha forse un senso per alcuni credenti.

Per completezza riporto qui il testo del requiem Verdi.

Domenica sera invece siamo andati al cinema a vedere "Mamma mia!".
È la prima volta che mi capita di vedere una pellicola in una sala totalmente deserta. È stata un'esperienza nuova. Potevamo ridere e fare commenti a squarciagola.

giovedì, novembre 20, 2008

Israel Kamakawiwo'ole ~ Somewhere over the Rainbow

Grazie ad un mp3 ascoltato sul blog della Principessa sul pisello ho scoperto l'esistenza di questa particolare figura artistica di Israel Kamakawiwo'ole, cantante Hawaiiano.

Ho trovato questa interpretazione di Somewhere Over the Rainbow all'ukulele estrememente malinconica, dolce e commovente.


Somewhere over the rainbow
Way up high,
There's a land that I heard of
Once in a lullaby.
Somewhere over the rainbow
Skies are blue,
And the dreams that you dare to dream
Really do come true.

Someday I'll wish upon a star
And wake up where the clouds are far
Behind me.
Where troubles melt like lemon drops
Away above the chimney tops
That's where you'll find me.

Somewhere over the rainbow
Bluebirds fly.
Birds fly over the rainbow.
Why then, oh why can't I?

If happy little bluebirds fly
Beyond the rainbow
Why, oh why can't I?

mercoledì, novembre 19, 2008

Fregola con baccalà e sedano rapa e concerti

Domenica ho voluto provare questa ricetta che avevo letto su LA CUCINA ITALIANA di novembre.
Il risultato non è stato male.

La preparazione è cominciata mercoledì sera. Non spaventatevi però, non è una ricetta complicata. Mercoledì sera ho solo messo il baccalà in ammollo. Alcuni fortunati che risiedono in Italia riescono a trovarlo già ammollato, ma il lavoro da fare non è molto. Basta cambiare l'acqua due volte al giorno.
Una volta ammollato il baccalà si può agevolmente conservare a pezzi nel congelatore.

Sabato ho preparato la crema di baccalà e sedano rapa

Domenica mattina ho preparato una paio di litri di brodo vegetale, in modo da poter congelare e riutilizzare l'eccedenza.

Per il brodo mi sono ispirato ad una ricetta di Allan Bay, modificandola un po'. Ho usati i seguenti ingredienti: 3 cipolle, 2 scalogni, 3 spicchi d'aglio, 3 carote, mezzo tubero di sedano rapa, un paio di coste di sedano rapa, 2 patate, 1 zucchina, 3 foglie di alloro, 1 pezzetto di radice zenzero, prezzemolo, 3 bacche di ginepro, 3 chiodi di garofano, olio, 3 litri d'acqua.
Secondo i dettami del vecchio spirito contadino che alberga nel mio animo ho scovato insieme a Zucchero il modo migliore per riutilizzare gli ingredienti usati per il brodo. Inizialmente li mangiavamo interi conditi con olio a crudo, ma essendo stati "spremuti" per il brodo risultavano piuttosto insipidi. Invece frullandoli se ne può ricavare un buon brodo vegetale.

L'eccedenza è stata abbondante.

Verso mezzogiorno ho infine completato la preparazione della fregola.


Ingredienti: (per 4 persone)
280 g fregola, 250 g baccalà lessato, 200 g sedano rapa, 70 g panna fresca (essendo qui difficile trovare la panna italiana ho usato un miscuglio di Crème fraîche e Saure Sahne), 70 g olio extravergine d'oliva, 1 cipolla rossa, 20g grana grattugiato, 30 g burro per mantecare, 850 g brodo vegetale, 2 bustine di zafferano, sale e pepe.

Preparazione:
Frullate il baccalà e il sedano rapa prelessati insieme alla panna e all'olio. Portate sul fuoco in una padella per 5', mescolate e aggiustate di sale. Tenete in caldo.

In una pentola soffriggete la cipolla a fuoco bassissimo, tostate quindi la fregula per un minuto e cuocetela a mo' di risotto (15-18'), unendo poco alla volta 850' di brodo e due bustine di zafferano; infine mantecate con burro e grana.

Servite infine la fregola completando con la crema di baccalà. Certo le quennele di crema di baccalà mi sono venute un po' male, ma l'estetica non è mai stata il mio forte.

Nel pomeriggio ci siamo un po' sforzati per andare a fare una passeggiata sotto il cielo plumbeo.
La passeggiata sembra però essere fruttuosa: troviamo prima un manifesto che annuncia la Missa da Requiem di Giuseppe Verdi ad Heidelberg per il prossimo fine settimana.

Inoltre, arrivati al capolinea della passeggiata notiamo un manifesto con su scritto Bandabardò.
Bandabardò ad Heidelberg!!??
Quando!!??
Il 15 novembre! È stasera! Dobbiamo andare!
Mangiamo presto, ci incappottiamo e con un po' di riluttanza per il tempo freddo e uggioso inforchiamo le biciclette e ci rechiamo allo Schwimmbad Musik Club di Heidelberg.
Giunti sul posto ci accorgiamo che le luci sono tutte spente.
Ma siamo sicuri che era oggi?
Ci facciamo due conti.....
Oggi è il 16 e non il 15 novembre....

domenica, novembre 16, 2008

La morte amica: un approccio olistico alle cure mediche

Il tema del libro è la morte. Esso viene approfondito attraverso l'esperienza dell'autrice come psicologa in un centro per malati terminali.
Il libro ci fa rendere conto di quanto questo argomento sia così fondamentale per tutti noi e anche di quanto esso sia invece percepito come imbarazzante e da evitare in riflessioni e discussioni.

Questo libro dovrebbe essere letto almeno da tutte le persone che lavorano in ambito medico. Non solo per il modo commovente, umano e delicato in cui tratta un'argomento così importante per tutto il genere umano.

Troppo spesso purtroppo mi è capitato di avere a che fare con del personale, che forse per incapacità o per problemi umani personali, segue un'approccio troppo riduzionistico alla cura del malato. E cioè il malato non viene curato in quanto persona, ma in quanto sintomo, malattia, parte del corpo malata.
Ormai riesco subito a squadrare quei medici che ti vedono, o vogliono illudersi di vederti, come un sintomo ambulante.

Sia ben chiaro. Io non ho nulla contro la medicina tradizionale, anzi penso che sia l'unica medicina in grado di curare con delle basi scientifiche.
Però troppo spesso mancano ai medici quelle doti di cura della persona che prevedono l'ascolto ed il dialogo ad un livello che vada oltre l'asettica comunicazione di dati relativi alla malattia.
Credo che spesso sia proprio questa carenza a spingere purtroppo molte persone a rivolgersi alle cosiddette medicine o metodi alternativi che frequentemente si rivelano essere totalmente inutili se non dannosi.

Cito qui un passo del libro in cui l'autrice parla dell'aptonomia (approccio tattile affettivo).

Purtroppo, il mondo nel quale siamo tutti cresciuti è un mondo che non favorisce il contatto affettivo spontaneo tre esseri umani.
Certo, tocchiamo gli altri, ma con un'intenzione erotica. Oppure in un contesto oggettivo, come nell'universo medico dove si maneggiano corpi oggetto.
Ci si dimentica di quello che può sentire le persona.
È quindi importante sensibilizzare i professionisti della salute ad una dimensione dell'approccio umano che comprenda l'incontro tattile, aiutarli a prendere coscienza di tutto ciò che entra in gioco ogni volta che si tocchi qualcuno, o che qualcuno ci tocchi.
Si cura un piede, una gamba, un polmone, un seno, come un qualcosa di distinto, oggetto di cure, di interesse medico, o si cura la persona che soffre in questo o quel punto del proprio corpo ed esprime tale sofferenza con il suo modo personale di essere?


Relativamente a questo tema ho appena letto una bella riflessione della Principessa sul pisello.

giovedì, novembre 13, 2008

Crimea (Крим) 17: Mar Nero e rientro

Giovedì 11 settembre

Oggi è il nostro ultimo giorno in Crimea. Nel primo pomeriggio dovremo reimbarcarci per Francoforte.
Decidiamo quindi di dedicare l'ultima mattinata alla porzione di Crimea finora quasi ignorata: il Mar Nero.

Ci svegliamo presto come al solito e ci posizioniamo nel tratto di spiaggia gestito dal nostro albergo.

Dopo aver immerso i piedi per constatare l'impatto della temperatura dell'acqua sul mio corpo decido di astenermi.
Non si astiene però Zucchero, che è in crisi d'astinenza da acqua marina.

Zucchero si accorge che l'acqua è poco salata. Wikipedia pare darle ragione: il mar Nero è il più grande sistema marino anossico. Ciò è determinato dall'elevata profondità e dalla salinità (e quindi densità) relativamente bassa dell'acqua. il tratto di Mediterraneo con i più elevati valori di salinità, raggiunge qui il 39,1 per mille mentre il mar nero ha solo il 17 per mille.

Io passeggio un po' per il lungo mare e scatto qualche foto.

Questa scultura attrae la mia attenzione: reminiscenze futuristiche?

Nel primo pomeriggio saliamo quindi in autobus alla volta dell'aeroporto di Simferopoli per la nostra ultima folle esperienza con la guida Crimea.
Ad un certo punto la radio locale comincia a trasmettere un'inatteso rap italiano.

Prima di imbarcarci consumo l'ultimo ignoto frutto di questa terra in mio possesso. Non è nulla di speciale.

L'11 settembre ci imbarchiamo quindi per il nostro volo di ritorno che si svolge senza problemi.

Altre foto di nostri compagni di viaggio:
1, 2, 3, 4, 5.